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WEB-DONNA.IT - Angela Bonora : Palazzi Fantastici
Palazzi Fantastici
Non tutti i bambini hanno avuto una fortuna speciale come la mia…
"Ma chi sei tu da essere più fortunata di noi, ma che hai di speciale?" "Niente, proprio niente, è stato il caso che mi ha favorito".
Sono nata in una delle più belle città d’Italia, a Bologna, e nel centro di tale città, in un palazzo antico e con tanti bellissimi palazzi nelle strade attorno.
Sin da piccola ho potuto ammirare dall’esterno case da favola e quando le favole me le raccontavano, e poi più avanti le leggevo, non facevo fatica ad immaginarmi i luoghi, le strade fantastiche dei vecchi luoghi...e andando avanti con la fantasia, popolavo quelle strade, quei palazzi, di dame e cavalieri in abiti bellissimi…
Cresciuta ho avuto un altro colpo di fortuna: a scuola ero in banco con una bimba bionda che abitava in uno di questi luoghi fantastici e dalla finestra della mia stanza vedevo altri due bimbi che abitavano un palazzotto antico, dove a pianoterra vi era una fabbrica di cioccolata.
Allora partiamo dal luogo di nascita : 14 vani, uno che dava dentro all’altro non in modo molto organico, ma fantastico (mappa) era facile in quella casa imparare a schettinare e andare in bicicletta, non ci crederete ma c’erano stanze di 11 metri per sei e mezzo, alcune stanze di quell’appartamento erano grandi come un appartamento odierno. I soffitti erano tutti affrescati, il palazzo era stato ottenuto dalla ristrutturazione di tre case all’angolo di due vie centrali nel 1774, gli affreschi erano dell’inizio dell’Ottocento ed io bambina ho iniziato a conoscere Giove e Apollo guardando in alto nella tromba dello scalone principale. La dea Fortuna (o meglio erano quattro) la vedevo stando a letto e guardando quattro giovani fanciulle che versavano nel vuoto frutti e fiori da cornucopie…si sul mio letto.

Altre stanze erano decorate con dipinti in falso rilievo, tromp d’oeil. Una particolare, ed era quella che mi piaceva di più, aveva il soffitto a volta e con tanti rami e fiori dipinti in oro, aveva una finestra sino a terra che dava su di un balconcino in ferro battuto. Era il mio regno seduta tra i fiori guardavo il cortile sottostante e vedevo il mondo che stava dietro alla magnificenza della facciata sulla strada centrale.
Da quel cortile si usciva e per una viuzza della vecchia città si arrivava ad una piccola cappella costruita tra il 1481 e il 1497 dai Monaci Celestini che avevano il convento in un troncone della strada che io vedevo. Aveva il rivestimento in cotto rosso e ornati e cinque medaglioni con santi. Purtroppo dell’oratorio era rimasto solo la facciata e il cancello per accedervi, l’interno nel tempo era stato adibito a varie attività., mi ricordo un fabbro, poi il primo centro informatico di una banca. Attualmente non so il suo utilizzo, ma la facciata è stata recentemente restaurata.
Mi affacciavo spesso alle finestre sul cortile e vedevo i miei amici della casa di fronte, quella con la fabbrica di cioccolata . Mi invitavano in casa loro ed io non aspettavo un minuto, da loro c’era sempre qualche cosa di bello da vedere, da sentire, da gustare. Da sentire, il fratello maggiore che aveva 10 anni più di noi, studiava musica e faceva esercizi al piano, noiosi, ma a volte si annoiava anche lui e una bella suonata, jazz soprattutto, ci scappava. E' diventato diversi anni dopo un noto pianista ed ha girato il mondo con un complesso.
 
La casa dei miei amici non aveva niente di particolare, era stata costruita anche quella nel 1700 sopra alla fabbrica e non aveva saloni ed affreschi, ma aveva una particolarità: un cortile interno con un finestrino a livello terra che permetteva di entrare nella fabbrica sottostante.
“Siamo qui…possiamo entrare? “
C’era sempre un qualche operaio gentile che veniva a recuperare noi tre e ci portava dove erano i residui della lavorazione della cioccolata… Non sto a raccontarvi…credo che non ce ne sia bisogno. Comunque la cioccolata migliore era quella che rimaneva attaccata e si seccava lungo le pareti dei pentoloni dove veniva cotto l’impasto per fare le tavolette di pasta compatta.
In quella casa vi era un altro luogo fantastico: la soffitta. Normalmente nella soffitta si mettono cose inservibili, vecchie, spesso da buttare. In quella soffitta, in bell’ordine lungo una parete, erano armadi e bauli. Mettete un bambino davanti ad un armadio o davanti ad un baule e il mondo salta fuori: infatti dentro a quegli armadi erano vestiti da donna e da uomo del 1700, dentro ai bauli biancheria con pizzi , scialli di seta colorata, cappelli con piume, guanti. Sembrava di essere nel guardaroba di un grande teatro…E noi bimbi a teatro, sulla scena, ci sentivamo provando quei bellissimi abiti e sfilando nelle stanze della soffitta:
“Lei Madama la Marchesa che cosa mangia da cena questa sera? Dopo cena esce e va a teatro? Non certamente con quell’abito, lo cambierà senz’altro?” “Oh, si, si Carissima Contessa…”
Raccogliendo le lunghe gonne per non inciampare improvissavamo scenette, ci sentivamo in un altro mondo
…sin che una voce perentoria non ci distoglieva: “Dove siete bimbe, mica in soffitta? Lo sapete che là non dovete andare… Venite è pronta la merenda” (…ma abbiamo appena presa la cioccolata in tazza con i pasticcini…)
Altro luogo fantastico era ad un isolato dalla casa dove abitavo: uno dei palazzi più belli della città. La mia compagna di banco a scuola abitava con la famiglia in una piccola casa nel giardino che si apriva dietro al palazzo, il padre era portinaio e guardiano di tanta bellezza.
Noi due ci inoltravamo nei saloni senza aver paura di essere viste, i Duchi, si Duchi, padroni del palazzo abitavano normalmente a Roma, vivendo in Vaticano e la casa era tutta nostra. Facemmo scoperte inaspettate: una biblioteca enorme piena di libri rilegati in pelle, ancora armadi pieni di vestiti antichi, piatti, tazze, bicchieri fantastici dentro a mobili con le ante di vetro colorato, legato con piccole strisce di piombo. Ma la scoperta più bella e inaspettata fu quando andando dentro ad un armadio per toccare le stoffe dei vestiti, vedemmo nella parete in fondo una maniglia… Toccare quella maniglia girarla era “doveroso”…lo facemmo. La parete si mosse, sparì e noi ci trovammo in un altro palazzo con tanto di cortile, altre stanze, altri affreschi , tante altre tante belle cose da esplorare…

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